Non sempre i sogni  si tramutano in ricordi ?

 Non so perchè, ma ho sempre avuto una vera passione per il pattinaggio su ghiaccio.
Credo che tutto sia nato da un libro: Pattini d’ argento, di Dodge Mary M. che mi venne regalato, un anno, a Natale, quando avevo circa 8 anni.
Anzi, ne ho la certezza!

Quel libro ebbe il potere di affascinarmi. Soprattutto mi affascinarono le illustrazioni.

Eccone qui, sotto il titolo, la scansione della copertina…;-)
Diciamo che, vedere Gretel ( la protagonista femminile) sfrecciare sottile e sinuosa sulle lande ghiacciate mi trasportava in dimensioni completamente sconosciute. Avrei voluto essere lei: bionda, sottilissima , agile, con i capelli lisci che svolazzavano sotto la cuffietta olandese.
Invece ero mora ( eppura da piccolina ero stata anche chiara, come mio padre…), riccia, tondetta e soprattutto, non sapevo pattinare!

Ogni tanto mi riguardavo le figure e il discorso finiva lì.
Affacciandomi alla finestra, un po’ di lato, vedevo l’acqua del Lario; avevo già il problema di imparare a stare a galla, i pattini scivolarono velocemente  in terza linea e di lì passarono nel dimenticatoio ( dell’ inconscio, evidentemente) visto che sarebbero risorti a sprazzi,  alla luce della mia coscienza!

Non pensai più al pattinaggio fino a che, dopo i 16 anni, trasferita con la famiglia in un anonimo paese della operosa e ricca Brianza, mi ritrovai inserita parzialmente in  una compagnia che, alla domenica, organizzava gite in montagna.

Del resto lì non c’era assolutamente niente ; si trattava di uno di quei paesi né carne , né pesce , che hanno l’ indubbio pregio di essere collocati a mezz’ora di distanza sia da Como che da Milano, il che, capisco, non è poco, sotto il profilo della comodità, ma che sono piatti, anonimi, inconsistenti dal punto di vista paesaggistico, irritanti sotto il profilo urbanistico. Insomma, quasi fastidiosi…. 😉

Ma lì ero capitata e, ohibò, lì  sarei stata per ben 14 anni consecutivi…

Insomma, i giovani di qui amavano la montagna. Io non ci trovavo nulla di attraente nell’ alzarmi la domenica mattina alle 4 ( non che mi pesasse il fatto in sé, sono sempre stata una svegliarina, per fortuna..), bardarmi come un orso, mettere dei paninazzi in uno zaino…che, ben presto si sarebbero trasformati in gomma e poi andare in piazza ad aspettare un pullman.
Già, spesso ci si organizzava con i pullman.

Le mete variavano: Aprica, Bormio, le più vicine, Santa Caterina Valfurva, a casa del diavolo, con una stradina strettissima, dove il pullman grosso non passava; Madesimo, con dei tornanti da capogiro..
 Una volta Courmayeur:  da spararsi, per quanto era lontano;   una volta il Sestrière di cui ricordo solo un orripilante grattacielo a torre e una volta Andermatt.

Ricordo anche un Saint Moritz con il termometro, fuori del Bar, che indicava -32° [ il valore più basso che mi sia mai capitato di vedere dal vero] e noi che, tutto sommato, non avevamo la sensazione che facesse molto più freddo del solito, dato che lì era asciuttissimo, mentre giù, in quel buco di paese, solo a – 5 ti sentivi al Polo, dato che l’ umidità imperante ti penetrava nelle ossa come in una spugna.

Durante queste trasferte, gli amici interessanti sciavano e sparivano dalla circolazione. Io spesso rimanevo  con lo sfigato di turno, che si aggregava,  perchè era l’ unica occasione che aveva di rimanere al bar a lungo e da solo con delle ragazze…

Io sono sempre stata un tipo di compagnia, ma, sinceramente, ho anche spesso amato starmene da sola, se la compagnia mi aggrada poco ( eufemismo..). E così, in quei magnifici posti, dopo un ponch al mandarino o al rhum, piantavo gli inetti  e me la filavo allo Stadio del ghiaccio: noleggiavo i pattini e iniziavo da sola ridicole  performances.
Se inizi a girare in tondo su una pista ghiacciata, in mezzo ad un pubblico folto e ti tieni alla balaustra con le dita a morsa d’ acciaio, puoi avere la certezza, in capo a pochi minuti, di ritrovare qualcuno, più imbranato di te,  che preme alle spalle, oppure di intrupparti in qualcun altro, davanti, che non si sposta.
Insomma, sicuramente esiste il momento in cui tu DEVI staccarti, anche se per  poco ed è  lì che sarai falciato !

 Comunque, cadute a parte, le volte in cui mi riusciva di percorrere, senza stare attaccata, alcune decine di metri, sull’ onda di quei bei waltzer che ti penetravano sotto il cappello, mi rendevo conto che il pattinaggio era il mio sogno.

Ignoravo totalmente che esistesse a Como uno Stadio e così non mi sono mai preoccupata di prendere delle lezioni e di imparare seriamente….

Per motivi poi differenti ( che racconterò in altro post) il destino beffardo mi ha poi portata, negli ultimi 9 / 10 anni,  quasi a "vivere" negli stadi del Ghiaccio ; ritrovandomi sempre a schiumare, all’ idea di non aver mai imparato veramente.

Un’estate, a Piazzatorre, nell’ unico Stadio della zona che rimaneva aperto anche in agosto, dopo un’ intera settimana, passata a pattinare la sera, quasi da sola,  in una pista semideserta…sono riuscita ad andare in tondo, senza toccare la balaustra per diversi giri.
Ma poi non ho più proseguito e penso che sdesso sarei daccapo!

Io guardo le ragazze che scivolano in partita, corrono, frenano, si lanciano…e provo proprio invidia per quella loro abilità.. Altri genitori, spaparanzati con la birra al bar, mi guardano come se fossi un’ aliena.
" Ma che ti frega?"
"Ma deve essere così bello…Vorrei imparare"

Non commentano, ma l’ espressione è eloquente " Stai buona, ricordati che c’è  l’ osteoporosi dietro l’ angolo.."

Ma io non mi faccio smontare  e prima o poi…

Ma se aspetto ancora un po’ di anni , però, finirò per non poter più pattinare! 😦

Se sei capace, puoi farlo finché le gambe ti reggono..( Io non mi dimenticherò mai il papà di un nostro amico, vecchio istriano di Pola, sfollato dopo la guerra, che, munito di pantaloni di velluto al ginocchio, calzettoni grezzi  , alto e fiero, a 78 anni faceva i suoi giri tutte le domeniche mattina, ma lui probabilmente aveva imparato da bambino…

E’ per quello ( se non si fosse capito eh eh )  che , quando capito allo Stadio, per le partite, passando davanti al Noleggio…il mio occhio corre là, vedo quei pattini in fila, inquietanti sì….ma, come dicevo a qualcuno, ho sempre l’ impressione che mi chiamino….
😉

Musica: J. Strauss _  Racconti del bosco viennese